A cosa serve l'autonomia?

Parlare di autonomia oggi, nel resto d'Italia, provoca immediatamente una serie di reazioni negative.I sudtirolesi sono considerati degli italiani privilegiati, senza conoscere le ragioni storiche che hanno portato all'autonomia. Ora, dopo tanti anni, penso che l'autonomia non serva più, o non solo, a garantire la tutela del gruppo linguistico tedesco, m  si  debba esprimere come  modello di amministrazione  lungimirante, trasparente e vicina ai cittadini. Si dovrebbe tener conto quindi di tutta una realtà  che 20 o 30 anni fa non era neppure immaginabile. La crisi economica e l'immigrazione di persone con altre culture, lingue e religioni provocano timore e diffidenza. Penso che questo sia un punto su cui questo forum dovrà lavorare. Sarebbe bello che nel nuovo statuto di autonomia fossero inseriti i semi per una cultura di accoglienza e di rispetto per chi arriva da altri paesi, mostrando come una buona amministrazione sia in grado di formare, anche nelle difficoltà economiche, dei nuovi cittadini che rispettino ed amino il paese di accoglienza.

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Bild des Benutzers antonio lampis
un bell'intervento ! sul tema scrivevo 14 anni fa: a Alto Adige 16 gennaio 2002, prima e pag. 45 LE MISURE GIUSTE DELL'AUTONOMIA di Antonio Lampis Tra pochi giorni il secondo statuto di questa regione compie trent'anni. Ci si può chiedere se siamo ancora speciali e ci si può rispondere di sì, con qualche differenza se la domanda è posta da Bolzano o da Trento. Vediamo perché. La modifica al primo statuto raggiunta attraverso la legge costituzionale del 1971, entrò in vigore il 20 gennaio del 1972. Essa segna l'avvio della prima esperienza di regionalismo compiuto in Italia. Le due Province vengono in tutto, tranne che nel nome, parificate alle Regioni e sono dotate di poteri rilevanti, di vero governo del territorio. Tali poteri sono qui accompagnati, diversamente che in altre Regioni speciali, dalla tenace volontà di esercitarli. Difatti mentre altre Regioni speciali invitavano più o meno apertamente i governi ad andarci piano, Trento e soprattutto Bolzano insistevano per l'emanazione delle norme attuative. Essere Regione o Provincia autonoma, nel sistema costituzionale italiano significa saper individuare le esigenze caratteristiche del territorio e governare di conseguenza, con leggi ed altre norme originali e su misura, ma soprattutto significa potersi dare un indirizzo politico proprio, anche differente da quello dello Stato centrale. La prima circostanza si è resa più raggiungibile grazie anche alle dimensioni ridotte, infatti le due isole, con le loro competenze primarie, e quasi tutte le Regioni ordinarie, con le loro competenze dimezzate, hanno reso poco in termini di efficienza e originalità, anche a causa delle loro dimensioni e del difficile rapporto con le province, oltre che per altre ragioni che non è qui il caso di illustrare. In genere hanno recepito norme statali, scopiazzato tra loro alcune soluzioni, poco ingegno, poca sostanza. Oggi alcune piccole regioni, ad esempio la Basilicata, hanno ritrovato la vena creativa, anche prima del federalismo, per ora solo annunciato. L'autonomia nell'indirizzo politico qui è cosa di questi giorni: in passato si è praticata poco, a parte alcune tenui sfumature. Bolzano, resa forte dalle esigenze di rendere concreta la tutela della minoranza tedesca ha utilizzato le nuove competenze e la liberazione dalla Regione in ogni possibile estensione. La legislazione provinciale ha sperimentato vie originali per la salvaguardia dell'ambiente alpino, per la pianificazione urbanistica ed edilizia, per la tutela sociale. Il nuovo statuto, che è un pezzo della Costituzione italiana, colloca la tutela delle minoranze tra gli interessi nazionali. La normativa di attuazione, giunta a compimento con il riconoscimento pieno dei diritti linguistici nei confronti delle amministrazioni e dei tribunali, ha creato un quadro normativo tale da indurre uno dei massimi studiosi delle Regioni a ragionare di una concezione "civica" che quindi supera la concezione tradizionale di nazione fondata sul legame etnico-linguistico. Ricordate Manzoni? Nel suo Marzo 1821, ma anche in molti testi giuridici non antichissimi, la nazione era "una d'arme, di lingua d'altare, di memoria di sangue e di cor", quella italiana è dal 1972 una nazione che ha più lingue. Si è reso man mano più evidente quanto già scritto nella Costituzione, cioè che il compito di tutelare le minoranze linguistiche è della repubblica, un concetto che comprende il primo ministro e l'ultimo vigile urbano, il magistrato, il funzionario, il sindaco o il presidente provinciale. Il contenuto ed il significato essenziale dell'autonomia speciale altoatesina ha poi via via superato la stretta identificazione con i compiti di tutela, realizzando il passaggio dalla fase di mera tutela dei gruppi linguistici a quella della gestione della loro convivenza, regolandola con il diritto, attraverso cioè un accumulo concordato di norme giuridiche per la disciplina dei rapporti tra i gruppi e tra lo stato centrale e le autonomie territoriali. Altre realtà multiculturali si sono fermate a intese o labili accordi, con esiti spesso infausti. La specialità della provincia di Bolzano, grazie al secondo statuto, è divenuta così sempre più solida: essa sta nella complessità dei delicati equilibri linguistici e culturali e nel riflesso internazionale che ormai il modello altoatesino ha guadagnato, nei risultati sperimentati e raggiunti, certo migliorabili, ma anche indubbiamente al di sopra della media. Anche per questo il benessere di tutti i gruppi non è più patrimonio dei distinti partiti etnici, ma spetta ormai a tutta la classe politica, specie quella che governa, porsi il problema delle esigenze di tutti. Per Trento, come ha detto Armando Vadagnini, questo secondo statuto è stato piuttosto scomodo, perché ha portato a dover "giustificare" la propria situazione di Provincia speciale, quasi fosse un privilegio. Tuttavia i decenni di gestione autonoma del territorio, l'esperienza maturata, la recente riscoperta delle proprie minoranze, l'investimento strategico nella ricerca, la sperimentazione di un processo di sintesi tra le istanze di apertura internazionale e la volontà di mantenere la tradizionale coesione sociale, hanno reso più solida una specialità fino a pochi anni fa fragilissima. La distanza dal degrado socio-ambientale di alcuni territori vicini hanno recentemente rafforzato una differenza altrimenti troppo sottile. Oggi molte regioni hanno ancora poca consapevolezza dell'autonomia e poca abitudine a far da soli, tutti vogliono il federalismo, ma pochi sono pronti a non attendere più le circolari dei ministeri. Rispetto a tali realtà, che soffrono anche dell'antistorica composizione del nostro parlamento, le Province di Trento e Bolzano fanno un figurone. D'altra parte la nuova disciplina costituzionale dei rapporti tra stato e regioni ha reso la specialità meno eccezionale, andando saggiamente verso un federalismo differenziato, su misura delle singole capacità e volontà di autogoverno. Appena riconosciuta e giustificata la specialità non resta che rileggerla criticamente, in un ottica di sviluppo che è imposto dalla rapidità con cui i tempi e i rapporti economici e giuridico-istituzionali sono cambiati, impensabile anche solo pochi anni orsono. Per ricordare i trent'anni del secondo statuto niente è meglio che riflettere sulle prospettive future, che sembrano buone se si coglie il valore aggiunto che ormai ogni differenza porta con sè. Governare la differenza è compito arduo, ma affascinante. Definisce mirabilmente questa prospettiva Sergio Ortino, in apertura al monumentale manuale sull'autonomia altoatesina appena pubblicato da Cedam, chiarendo che coloro che hanno creato vigorose autonomie territoriali passano dal ruolo di "malcapitati della storia" a "protagonisti del nuovo corso", dove gli stati nazionali perdono le loro configurazioni originarie e diventa sempre più importante saper preservare le specialità e garantire la partecipazione delle collettività al "circuito delle conoscenze globali". Poiché si tratta di uno sforzo quasi titanico, lo si può fare solo con autonomie speciali riferite a territori non troppo estesi, ma neppure troppo frammentati. Forse abbiamo avuto trent'anni per sperimentare la giusta dimensione.
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Nata a S.Orsola Terme (TN) 09.01.45 residente a Bronzolo via Stazone 43. Scuola dell'obbligo; impiegata c/o ditta privata dal 1962 al 1975. Poi Consiglio provinciale Bolzano e gruppo consiliare verde fino al 1999. Volontaria presso il centro giovanile il Melograno e presso il Centro pace Bolzano. Consigliere comunale in una lista civica fino al 2005 e dal 2005 ad oggi in Giunta comunale a Bronzolo come assessore alla scuola, cultura, sociale, sanità e personale.
Consigliere nella Comunità comprensoriale Bassa atesina e Oltradige.