22 09 2017

I documenti finali della Convenzione sull’Autonomia

Presentati in Consiglio i risultati dei lavori del Forum dei 100 e della Convenzione dei 33. Ora il materiale sarà affidato a un gruppo di tecnici, per la stesura di un testo articolato.

La Convenzione dei 33 e il Forum dei 100, organi della Convenzione sull’Autonomia istituita con legge provinciale 3/2015, hanno presentato oggi in Consiglio provinciale i risultati del loro lavoro.

I componenti della Convenzione sono stati accolti in aula dal vicepresidente Thomas Widmann, che ha salutato tutti i presenti, compresi i consiglieri provinciali, spiegando che l’incontro era destinato ad arrivare a un denominatore comune di conoscenze su quanto fatto, e ringraziato tutti coloro che avevano partecipato al processo della Convenzione, partito con manifestazioni open space aperte a tutti i cittadini e incontri con le associazioni.

I risultati del Gruppo di Lavoro 1, che approfondiva i temi Ampliamento dell’Autonomia,  ruolo della Regione,  rapporti con Roma/lo Stato e Vienna, doppia cittadinanza, sono stati presentati da Matthias Psenner. Il relatore ha sottolineato i punti sui quali il gruppo ha trovato consenso, primo tra i quali l’individuazione nell’ordinamento giuridico UE e negli obblighi istituzionali del limite giuridico per l’attività legislativa della Provincia, nonché la trasformazione di tutte le competenze in “esclusive”. Il gruppo propone inoltre l’introduzione della “previa intesa” dei Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano per le modifiche dello Statuto e per il mantenimento di un meccanismo di tutela dei gruppi linguistici qual è la votazione separata per gruppi in  Consiglio. Viene richiesta la previsione nello Statuto di un rafforzamento dell’Euregio e la trasmissione di tutte le competente della Regione alle due Province: la regione resterebbe solo come organismo di congiunzione in settori specifici, tramite organismi ad hoc. Lo Statuto dovrebbe avere un preambolo con richiami alle radici storiche e ai valori fondamentali, tra cui la tutela di tutti e tre i gruppi linguistici, e dovrebbe essere istituita una commissione bilaterale permanente Italia-Austria. La tematica della doppia cittadinanza, come diritto individuale, va approfondita sul piano politico.

Dei risultati del Gruppo di Lavoro 2, che si è concentrato su Autodeterminazione,  Euregio,  rapporti con l’Austria e l’Italia,  attivisti sudtirolesi, ha riferito Sigmund Kripp, il quale ha riferito come il gruppo abbia visto il diritto all’autodeterminazione come diritto democratico fondamentale, ancorato al diritto internazionale, che va realizzato attraverso un processo democratico: una prima votazione con cui la cittadinanza decide se vada o meno avviato un procedimento per cambiare lo status nazionale o internazionale, una seconda votazione che decide sullo status futuro. La popolazione va preparata in merito. Kripp ha quindi fatto un riferimento all’attuale situazione in Catalogna.

Nel Gruppo di Lavoro 3, che si è dedicato a Cultura, scuola e toponomastica, come ha spiegato Verena Geier, non è stato possibile trovare un consenso. La prima delle proposte emerse riguarda un sistema scolastico che garantisca il rispetto dell’articolo 19 e respinga esperimenti di “immersione linguistica”, “CLIL” e simili, promuova l’insegnamento nelle rispettive lingue standard, l’acquisizione della competenza provinciale almeno per quanto riguarda la scuola tedesca e ladina e il mantenimento della divisione delle tre Intendenze scolastiche. In campo culturale, le tre culture locali vanno promosse e sostenute da apparati amministrativi separati e gestite dal rispettivo gruppo etnico; infine, per quanto riguarda la Toponomastica, va eliminato l’obbligo del bilinguismo e mantenuti solo i toponimi storicamente fondati. La seconda proposta è di inoltre tornare ai toponimi di origine storica. Franco Kettmeier ha presentato una sorta di “relazione di minoranza”, in rappresentanza di una posizione diversa dalla precedente: in quanto alla toponomastica, ha proposto un principio pattizio che presuppone la condivisione di ogni cambiamento, collegandosi alla linea del sen. Palermo in Commissione dei 6; in quanto all’istruzione, ha chiesto che sia aggiunto un nuovo corso di insegnamento bi-trilingue, che non danneggia l’identità etnica e linguistica, senza togliere la scuola in madrelingua, e che fosse promosso l’apprendimento precoce delle lingue e lo studio della lingua inglese. Iniziative culturali devono contribuire alla costruzione di un patrimonio culturale e territoriale di convivenza, quasi tutte le trasmissioni televisive dovrebbero essere fornite in traduzione simultanea o sottotitolate, vanno promosse iniziative che coinvolgano tutti e tre i gruppi.

Il Gruppo di Lavoro 4 era dedicato ad Appartenenza ai gruppi linguistici, proporzionale, interessi/rappresentanza del gruppo ladino, bi- e trilinguismo nella pubblica amministrazione. Ingrid Dapunt ha riferito che il sistema proporzionale deve essere mantenuto, ma in futuro deve tener conto della nuova generazione di cittadini bi-trilingui. In quanto alla dichiarazione di appartenenza al gruppo linguistico, é stato affrontato il problema dell’impossibilità di partecipare ai concorsi nel caso in cui si sia dimenticato di fare la dichiarazione a 18 anni, perché in questo caso essa entra in vigore solo dopo 18 mesi, mentre per chi proviene da fuori la dichiarazione può essere fatta lo stesso giorno del concorso. I concorsi pubblici devono essere svolti in due/tre lingue: sarebbe uno stimolo per lo studio della seconda lingua. In quanto ai ladini, é stata chiesta la rappresentanza ladina in istituzioni e commissioni, nonché a livello giurisdizionale e di Commissione dei 6 e dei 12, di CdA pubblici, di commissione paritetica. L’amministrazione pubblica deve utilizzare una lingua ladina unitaria; va garantito il futuro del sistema di formazione ladino, nonché il trilinguismo nella pubblica amministrazione delle valli ladine

Kathrin Pichler ha quindi riferito dei risultati ottenuti nel Gruppo di Lavoro 5, che si é concentrato su Sostenibilità (ambiente), economia, ricerca e lavoro. In quanto al lavoro, va considerata l’importanza della proporzionale, che va mantenuta, ma anche aggiornata, per esempio con concorsi in entrambe le lingue. Nello Statuto vanno inseriti i nuovi diritti che legano al territorio: diritto ai saperi tecnologici, al bilinguismo, al plurilinguismo, a un’occupazione sicura e regolare; va inserita anche la ricerca come motore dell’economia. In quanto all’ambiente, vanno rafforzate le competenze esistenti, ampliandone l’ancoraggio nello Statuto. Pichler ha esortato i consiglieri provinciali a utilizzare le proposte fatte, molte delle quali vengono dai cittadini.

Del Gruppo di Lavoro 6, orientato all’approfondimento di Politiche sociali, sanità e sport, ha riferito Christian Mair, che ha parlato di 4 pilastri: proposta di un preambolo, catalogo di valori fondamentali, definizione di valori comuni e solidarietà. Nel preambolo non andrebbero le radici cristiane ma i valori di umanesimo e illuminismo; i valori fondamentali sono quelli determinanti per convivenza e società: vita dignitosa, pari opportunità, pari accesso alla formazione, famiglia come pilastro della società, ratifica dei diritti della Carta europea. Vanno promossi alloggi accessibili e prestazioni sanitarie e sociali, istruzione e formazione. In quanto alla solidarietà, va promossa tra l’altro la creazione di organismi di cooperazione per la sussidiarietà.

Il Gruppo di Lavoro 7 aveva approfondito il tema dell’integrazione delle persone provenienti da un contesto migratorio, convivenza e plurilinguismo. Olfa Sassi ha sottolineato che il gruppo chiedeva di introdurre nel preambolo la ricchezza della presenza di diverse culture e religioni, introdurre nel censimento la possibilità di indicare l’appartenenza ad altri gruppi rispetto ai tre attuali, sostenere il plurilinguismo attraverso formazione, possibilità di dare in modo gratuito esami linguistici riconosciuti a livello internazionale. Il gruppo ha proposto poi di creare le basi legali per dare il diritto di voto nei referendum locali anche a cittadini UE e stranieri con residenza nel comune sede di referendum, e di creare un organo di vigilanza sui finanziamenti pubblici per attività culturali a favore di istituzioni religiose: “È necessario conoscere chiaramente come vengono spesi questi fondi, soprattutto a fronte degli ultimi atti terroristici”, ha chiarito Sassi, aggiungendo poi che va favorita l’integrazione delle donne nella società. Il gruppo chiede infine l’implementazione di una scuola plurilingue accanto a quella nella madrelingua. La componente del Forum ha poi chiesto di inserire nel documento la necessità di fare un corso di lingua madre ai neocittaidni italiani.

Nicol Mastella ha poi presentato l’esito dei lavori nel Gruppo di lavoro 8, orientato Forme di partecipazione (democrazia rappresentativa e diretta, partecipazione). Tra le proposte, tutte condivise, la promozione della partecipazione popolare e il suo ancoraggio nello Statuto: va facilitata la raccolta di firme per i referenda, i cui requisiti devono essere facilmente comprensibili; l’attuale quorum deve essere abbassato, la popolazione informata tramite opuscolo neutrale, alle votazioni di democrazia diretta, integrativa di quella rappresentativa, devono partecipare anche i 16enni.

Il vicepres. Thomas Widmann ha quindi ringraziato tutti coloro che avevano contribuito volontariamente all’interno dei gruppi di lavoro, annunciando poi la lettura delle 4 relazioni di minoranza della Convenzione dei 33, che - ha spiegato - si era riunita per 27 volte.

Le relazioni di minoranza nella Convenzione dei 33 e quella maggioritaria.

Nell'ambito dlela presentazione delle relazioni della Convenzione dei 33, Roberto Bizzo ha presentato la propria relazione, sottolineando innanzitutto che il percorso della Convenzione si é inevitabilmente connesso con quello per la riforma costituzionale oggetto del referendum del 4 dicembre e respinto come tutti i precedenti tentativi, tranne quello del 2001, a dimostrazione che la politica complessivamente debole non è in grado di modificare strumenti “forti” come la Costituzione e lo Statuto e ci prova attraverso forzature, come per esempio la modifica dello Statuto con norme di attuazione. Il metodo per la riforma dello Statuto deve quindi essere “fare insieme”: questo richiede un ampio clima di fiducia. Bizzo ha quindi esposto la sua proposta per il preambolo, che deve fare riferimento alla Costituzione e alla norma di attuazione 266 del 1992, propedeutica alla quietanza liberatoria in quanto cristallizza il principio secondo cui la tutela delle minoranze costituisce interesse nazionale; un riferimento all’autodeterminazione sarebbe inappropriato “perché cancellerebbe gli ultimi decenni di storia democratica di questa terra”. In quanto alla Regione, va mantenuta ripensandone il ruolo, anche legislativo, quale fattore di cooperazione tra le due province. Un ruolo forte va riconosciuto agli enti locali, delegando maggiori competenze ai Comuni e lasciando loro gran parte delle risorse prodotte nei territori. In merito alla tutela delle minoranze, va considerato che la proporzionale, che ha avuto effetti positivi, va sottoposta a una revisione totale o almeno a una sospensione, al fine di una giusta ripartizione delle risorse pubbliche; anche il Pacchetto la vedeva come limitata nel tempo; la scuola deve promuovere il plurilinguismo, garantendo oltre all’insegnamento nella madrelingua anche la possibilità di altri modelli, tra cui una scuola bilingue. va aggiornata la norma che prevede 4 anni di residenza per il voto amministrativo, in quanto non é più tempo di anteporre i diritti dei gruppi a quelli dei singoli. Infine, le norme di attuazione devono rimanere lo strumento pattizio con cui attuare le previsioni statutarie: le commissioni devono quindi essere strumenti coerenti e leali rispetto agli obiettivi cui sono deputate, non ne va alterata la composizione paritetica, e va garantito un approccio corretto al tema della toponomastica.

La seconda relazione di minoranza é stata presentata da Maurizio Vezzali, che ha sottolineato l’eterogeneità, a volte sfociante in conflittualità, che ha caratterizzato le diverse visioni del futuro della provincia di Bolzano, e che é emersa anche nella Convenzione: questo si deve a una concezione dell’Autonomia che per qualcuno é un punto di approdo, per altri di partenza verso l’autodeterminazione. Nel preambolo andrebbe fatto riferimento alla Costituzione, mentre é criticabile un riferimento all’Accordo di Parigi, in quanto dopo la quietanza liberatoria ha sostanzialmente chiuso la vertenza internazionale. Vanno poi respinti riferimenti all’Unione Europea come forma di limitazione soggettiva alla sovranità degli Stati membri, in quanto la stessa UE ha riconosciuto che la questione del trattamento delle minoranze è statale, allo stesso modo va evitato un riferimento alle risoluzioni ONU sull’autodeterminazone, che fanno riferimento chiaramente a popoli “oppressi”. Vanno criticata, nella relazione ufficiale, la cancellazione della denominazione Alto Adige, la scarsa considerazione della Regione, le deboli aperture sui Comuni e il relativo decentramento, il profilo di ispirazione secessionista che emerge dai passaggi relativi ai rapporti internazionali e con la UE, che la Provincia dovrebbe assumere in proprio. Vezzali ha quindi criticato la proposta di abolizione del Commissariato del Governo, che non toglie nulla all’Autonomia,, ma costituisce una camera di condivisione di orientamenti, la proposta di organi giurisdizionali locali sganciati da contesti regionali, la blindatura dello Statuto e le poche righe dedicate alla scuola. I desideri della popolazione, secondo Vezzali, sono stati ignorati.

Laura Polonioli e Riccardo Dello Sbarba hanno quindi presentato la loro relazione, sottolineando i limiti della legge istitutiva della Convenzione, che doveva rispecchiare di più la società locale ma si é limitata a coinvolgere solo i gruppi che si sono mobilitati. È stato inoltre ignorato il previsto coordinamento con la Consulta di Trento, e gran parte del lavoro si é concentrato sul consueto tema degli elenchi di competenze da strappare a Roma, invece che sulla proposta di un nuovo modello di convivenza fondato sull’incontro e non sulla separazione. Il lavoro fatto é comunque prezioso, poiché ha approfondito e chiarito le visioni presenti in Alto Adige/Südtirol, consegnandole al Consiglio e alla discussione nella società civile. Per quanto riguarda il preambolo, non bisogna escludere Trento, limitando la copertura internazionale dell’Accordo del 1946 alla sola provincia di Bolzano. L’Accordo Degasperi_Gruber deve essere quindi inserito, insieme al riferimento al processo di integrazione europea, alla cooperazione transfrontaliera, la Convenzione delle alpi, valori e principi come la promozione della pace, l’impegno per l’uguaglianza sociale ed economica, la parità tra uomini e donne, la tutela dell’ambiente, la salvaguardia delle peculiarità culturali, storiche e linguistiche delle popolazioni qui insediate, la tutela e il rispetto delle  nuove minoranze. Non va invece citato il principio di autodeterminazione, che assumerebbe un chiaro significato politico, indicando un percorso diverso dall’Autonomia. In quanto alla tutela delle minoranze e alla convivenza, la società sudtirolese da statica è diventata mobile, ma spesso si scontra con un sistema fondato sulla residenza. I poteri che nel 1972 erano concentrati su Stato e Regione sono stati trasferiti in gran parte alla Provincia, dove la popolazione tedesca e ladina è la maggioranza: di può quindi pensare a un disarmo delle forme di separazione a favore di spazi comuni di convivenza. Vanno riconosciute e tutelate le nuove minoranze, affiancata alla scuola nella madrelingua, che non viene messa in discussione, l’offerta aggiuntiva della scuola plurilingue; vanno permessi anche metodi innovativi di apprendimento linguistico. Va inoltre resa libera la scelta del momento in cui fare la prima dichiarazione linguistica, garantendone l’immediata validità. La clausola di residenza di 4 anni per ottenere il diritto di voto va eliminata; va introdotta una regola di flessibilità per la proporzionale, che ha esplicato ormai il suo effetto ma spesso crea difficoltà di funzionamento di certi servizi: si potrebbe prevedere nello Statuto un margine di tolleranza dle 10% di scollamento dalla proporzionale.  La lingua ladina deve essere utilizzabile anche nei Consigli comunali e in quello provinciale. La Regione non deve diventare semplice luogo di incontro, come previsto dalla relazione maggioritaria della Convenzione: va piuttosto mantenuta una forma istituzionalizzata di cooperazione tra Trentino e Alto Adige/Südtirol: una Regione leggera, ente di raccordo, con funzione legislativa su materie individuate d’intesa tra le due province.  Va inoltre promosso il trasferimento verso il basso del potere e delle competenze assegnate alla Provincia, e vanno indicate le diverse forme di partecipazione popolare, per garantire un’autonomia dei cittadini e delle cittadine: va rafforzato il ruolo del Consiglio provinciale e vanno introdotti principi di democrazia partecipativa che rendano possibile un pubblico confronto prima dell’emanazione di atti normativi e amministrativi, vanno indicati nello Statuto gli strumenti della democrazia direttae la relativa disciplina essenziale, tra cui un quorum del 25%. I Comuni vanno espressamente menzionati quali enti autonomi dotati di rappresentatività delle rispettive comunità territoriali, con l’introduzione dei principi di sussidiarietà e corrispondenza tra funzioni attribuite e risorse finanziarie; nello Statuto vanno indicati Trento e Bolzano come capoluoghi delle due Province, e al comune capoluogo devono essere riconosciute e adeguatamente finanziate le funzioni particolari che esercita. Bisogna concentrarsi sulle competenze strategiche che vanno rivendicate, piuttosto che su un numero indefinito di esse, e a verificare la loro finanziabilità: tra queste competenze strategiche vanno considerate la pianificazione territoriale, l’urbanistica, gli aeroporti, l’istruzione (salvando le autonomie scolastiche), la ricerca, il commercio, le politiche sociali, l’idroelettrico, la tutela della salute, i rapporti internazionali sulle materie di competenza. Queste funzioni legislative vanno esercitate nell’ambito della Costituzione italiana. In quanto alle norme di attuazione, va garantita maggiore trasparenza nel relativo iter, con un chiaro mandato democratico, prevedendo un confronto con il Consiglio provinciale e regionale. Per limitare il contenzioso costituzionale, va istituito dalla Provincia un organo tecnico consultivo che faccia da garante della buona legislazione e introdotta una procedura di conciliazione tra Stato e Provincia. Bisogna intervenire sulla norma che dispone la nomina politica della totalità dei giudici del TAR di Bolzano, prevedendo che almeno la metà siano scelti per concorso pubblico locale.

Nella relazione di Roberto Toniatti (oggi non presente) si contestava l’introduzione nel preambolo dello Statuto, secondo la relazione di maggioranza, di radici cristiane - seppur  in modo temperato con riferimento ai valori di Umanesimo e Illuminismo - e diritto all’autodeterminazione. Toniatti contestava anche la non conformità del Documento finale della Convenzione alla prescrizione legislativa, secondo la quale essa doveva operare “secondo il principio del consenso”. Il riferimento alle radici cristiane, si chiariva, potrebbe esser interpretato anche in maniera vincolante quale riferimento per il futuro, influendo sull’attività normativa relativa a ambiti più diversi (si pensi alla libertà terapeutica) e ledendo il principio di separazione tra sfera civile e sfera religiosa, nonché i diritti dei credenti di altre confessioni religiose e della comunità dei razionalisti, degli atei e degli agnostici. In quanto all’autodeterminazione, riferirsi a tale diritto è in palese contraddizione con la finalità istituzionale della Convenzione dei 33 e con le modalità operative prescritte dalla stessa legge. “La qualifica di “popolo” ai fini del diritto all’autodeterminazione”, scrive Toniatti, “si rivela alternativa a quella di “minoranza nazionale” ai fini del godimento dell’autonomia speciale garantita dall’Accordo Degasperi-Gruber, dalla Costituzione italiana e dalla Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali”. Infine, il riferimento al diritto all’autodeterminazione é incompatibile con le esigenze della logica negoziale che il Documento è chiamato ad esprimere sia nei confronti del Trentino sia nei confronti dello Stato.

Il presidente della Convenzione, Christian Tschurtschenthaler, ha quindi fatto riferimento alle 27 sedute svolte, da cui è nato un documento “di cui siamo orgogliosi”, e che rende conto dei cambiamenti avvenuti dal 1972 a oggi. Circa 2.000 persone, ha detto, hanno partecipato alle iniziative open space, il che è un grande successo: il cammino è ancora lungo, ma il primo passo è stato fatto. H quindi illustrato la relazione della Convenzione insieme alla vicepresidente Edith Ploner.  La Convenzione ha trovato un consenso sulla necessità di scrivere un preambolo dello Statuto, che contenga tra l’altro  con riferimento all’Accordo di Parigi del 1946, all’unicità e specialità dell’Autonomia dell’Alto Adige, ai diritti e alle libertà delle persone in generale, e in particolare delle persone appartenenti a minoranze, alla UE, alla cooperazione transfrontaliera, alle buone relazioni di vicinato tra Italia e Austria, alla storia comune con Trentino, Land Tirolo e comunità ladina dolomitica, alla parità di diritti tra cittadine e cittadini, alle radici cristiane del territorio, caratterizzato anche dallo spirito dell’umanesimo laico e dell’illuminismo, ai valori europei. Il preambolo dovrebbe contenere anche un esplicito riferimento al diritto all’Autodeterminazione, con citazione dell’Art. 1 dello Statuto dell’ONU. In quanto all’organizzazione istituzionale, la Convenzione non ha discusso gli organi della Provincia, quindi evidentemente non é stata avvertita la necessità di una loro riforma. Tuttavia, tutti, compresi coloro che hanno stilato relazioni di minoranza, hanno manifestato consenso sulla necessità di superare l’attuale configurazione della Regione, anche se alcuni propongono di eliminarla, altri di mantenerla quale elemento di raccordo tra le due Province. Viene quindi proposta la denominazione dello Statuto come “Statuto speciale delle province autonome di Bolzano e Trento e della regione autonoma Trentino Alto Adige/Südtirol”. Consenso é stato trovato sulla Costituzione delle due province con personalità giuridica e sul fatto che Trento e Bolzano siano i rispettivi capoluoghi. Nello Statuto va valorizzato il ruolo dei Comuni, con il Consiglio dei Comuni quale sede di rappresentanza di interessi e consultazione: lo Statuto va integrato con un capitolo espressamente destinato a disciplinare le relazioni internazionali, transfrontaliere e con la UE. Va evidenziata che la tutela delle minoranze linguistiche é elemento riconosciuto a livello internazionale, e che la Provincia, nelle materie di sua competenza, partecipa direttamente alle decisioni diretta alla formazione degli atti della UE e degli accordi e trattati internazionali, e pone in essere attività di cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale, anche sottoscrivendo accordi con Stati e enti territoriali di altro Stato. a formazione; il testo dello Statuto va adeguato al diritto UE in diversi ambiti, anche assicurando il principio di non discriminazione dei cittadini della UE ed equiparati.  Tschurtschenthaler ha quindi chiarito che nella Convenzione é emerso un orientamento favorevole all’abolizione del Commissariato del Governo, ci si é espressi per l’indipendenza di ciascuna autorità giudiziaria da Trento, per l’introduzione del requisito dell’intesa forte quale condizione imprescindibile per le modifiche statutarie. La Convenzione si é espressa per un miglioramento e ampliamento dell’autonomia legislativa e amministrativa, trasformando le vigenti competente secondarie, concorrenti e integrative in esclusive, comprese quelle della Regione, e introducendo un meccanismo rafforzato di tutela dall’impugnazione statale, tramite un giudice costituzionale aggiuntivo nelle cause riguardanti la Provincia autonoma di Bolzano. La maggioranza della Convenzione era dell’opinione che la competenza legislativa della Provincia possa essere limitata solo dai principi fondanti della Costituzione e dalle norme UE e di diritto internazionale; tuttavia anche in caso di competenze provinciali esclusive può essere necessario un coordinamento con lo Stato, disciplinato per norma di attuazione: a questo scopo si distingue tra competenze con norma di attuazione facoltativa (la maggioranza) e competenze con norme di attuazione obbligatoria, tra cui toponomastica, ordine e sicurezza pubblica, sicurezza sul lavoro, contrattazione collettiva nel settore privato, Comitato olimpico, giustizia. In quanto alla proporzionale etnica, va mantenuto l’attuale assetto della disciplina; nella discussione su singoli profili tematici (per esempio la flessibilità dello strumento) non é stato raggiunto consenso. L’orientamento in merito alla scuola è ampiamente favorevole alla conferma dell’articolo 19 dello Statuto come garanzia dell’insegnamento della madrelingua, anche se alcuni componenti si sono espressi per la scuola plurilingue. In riferimento al gruppo ladino, l’orientamento è favorevole alla  valorizzazione di tale gruppo in contesti in cui la sua consistenza numerica non ne permette la rappresentanza diretta, alla parificazione della lingua ladina a quella tedesca e italiana nelle località ladine, alla designazione di un giudice ladino nel Tribunale di Giustizia amministrativa di Bolzano e di un ladino nelle Commissioni paritetiche. Non è previsto un allentamento della clausola di residenza dei 4 anni, nè si é raggiunto un consenso sulla richiesta di allentare i meccanismi di tutela delle minoranze in considerazione del rafforzamento dell’autonomia amministrativa e legislativa. In merito all’Autonmia finanziaria  e tributaria, la Convenzione dei 33 ritiene che essa debba essere ampliata, consolidando il principio dell’intesa in materia, in modo da migliorare la sicurezza della pianificazione dei bilanci pubblici e la programmabilità delle risorse. Le norme di attuazione devono continuare ad essere lo strumento normativo per attuare e integrare le competenze autonome: esse sono da emanare entro 12 mesi dal momento in cui il Governo o la Giunta ne manifestano la necessità,

“Siamo convinti che con il nostro lavoro e il nostro documento che ne è espressione abbiamo trovato una strada percorribile per lo sviluppo della nostra autonomia, per arrivare a una Vollautonomie”, ha concluso Christian Tschurtschenthaler.

Di seguito, i ricercatori dell’EURAC Marc Röggla ed Elisabeth Alber hanno ripercorso un processo partecipativo che “non conosce modelli simili a livello internazionale”, avendo coinvolto in maniera diretta, e non tramite rappresentanze sociali, i cittadini, 2.000 dei quali hanno partecipato agli open space. è stato detto che certi gruppi hanno partecipato in modo intenso e altri meno, tuttavia nell’opuscolo finale i temi sono riportati alla stessa stregua: i media hanno dato però un peso diverso. 60 le associazioni che hanno preso parte ai workshops, all’opera prima del Forum, per il quale si sono candidate 1.829 persone, selezionate in modo da rappresentare un Alto Adige in miniatura, articolato in 8 gruppi di lavoro confontatisi in totale con 16 esperti, con il supporto organizzativo di EURAC e la moderazione di blufink . Il lavoro é stato orientato al principio del consenso, non sempre facile da rispettare. Nelle relazioni di minoranza sono state considerate anche le opinioni diverse. È difficile dare ora una valutazione del processo: sarà il tempo a dimostrare la sua validità, ma è comunque chiaro che un processo di questo tipo ha bisogno di accompagnamento e tempo. Il risultato é una proposta elaborata, non vincolante, che ora dovrà affrontare un cammino ancora molto lungo, che prevede la collaborazione con la Consulta e con il Consiglio regionale. Dal punto di vista scientifico, si é trattato di un processo unico ed eccezionale.

Il pres. Roberto Bizzo ha quindi ringraziato a nome dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio provinciale tutti i collaboratori e le collaboratrici dell’Eurac, tutte le persone che hanno contribuito ai lavori di Forum e Convenzione, tutti coloro che vi hanno fatto parte: “Tutto il materiale prodotto sarà ora affidato a un gruppo di tecnici che ne elabori un testo assimilabile a un articolato”. Dopo un intervento polemico del consigliere Alessandro Urzì in merito all’affidamento del testo a un gruppo di esperti e non ai consiglieri provinciali, il pres. Bizzo ha chiarito che sarà il Consiglio provinciale a discutere e decidere sul testo prodotto.